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Nei condomini uno dei motivi più ricorrenti nelle liti tra vicini è il disturbo arrecato da rumori eccessivi. Quali sono le leggi che ci possono venir in aiuto? Il latrato di un cane o il trascinamento continuato delle sedie possono essere considerati rumori “molesti”?

Per prima cosa possiamo dire che spesso nei regolamenti di condominio vengono esplicitamente indicate quelle che vengono definite le ore di quiete (o silenzio). Nel caso non vi fossero allora gli orari di quiete sono definiti dal regolamento comunale e sono di competenza del Comando dei Vigili Urbani. In tali orari i rumori devono essere ridotti per consentire il riposo delle persone.

Più in generale, indipendentemente dall'ora in cui i rumori hanno origine, trova applicazione l'articolo 844 del Codice Civile che recita:

 

Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

 

Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.

 

L'articolo, al primo comma, ci dice che un condomino non può impedire ad un vicino di far rumore, se questo rumore non supera il livello di tollerabilità considerato normale.

Il secondo comma invece evidenzia come il giudice debba tener conto della destinazione d'uso del luogo e nel nostro caso, trattandosi di condominio, possiamo considerare di trovarci in una zona residenziale che quindi ha una soglia di rumorosità “normale” inferiore rispetto ad esempio ad una zona industriale.

A questo punto bisogna capire quale sia la soglia di tollerabilità del rumore contemplata dalla legge. I criteri per determinare se il rumore sia eccessivo o meno sono vari, ma con il tempo è invalsa la prassi di usare un criterio comparativo tra il rumore in esame ed il rumore di fondo. Se questa differenza eccede i tre decibel allora il rumore supera la soglia e quindi si può considerare non tollerabile. Va sottolineato che la misurazione non va fatta nel luogo di origine del rumore, ma dove il rumore viene percepito come non tollerabile. Perciò non è sufficiente che vi siano una percezione soggettiva della intollerabilità del rumore, ma il criterio di valutazione del rumore viene reso oggettivo.

La causa può essere intentata sia nei confronti del proprietario che del locatario dell'immobile da cui provengono i rumori. La causa non può essere fatta dall'amministratore se il problema si presenta, ad esempio, tra due condomini, ma può farlo se riceve mandato dall'assemblea nel caso si debba intentare causa nei confronti di una fonte di rumore esterna al condominio (il rumore proviene da un altro edificio).

Nel caso in cui al richiedente venga data ragione il giudice può disporre la cessazione dell'attività che causa il rumore o l'imposizione di accorgimenti che facciano rientrare il disturbo entro il criterio di tollerabilità, oppure può stabilire una somma da versare al danneggiato come indennizzo.

Naturalmente è buona norma cercare di risolvere con il dialogo le questioni tra condomini, ma nel caso ciò non fosse possibile, come abbiamo visto, ci sono delle norme che ci possono aiutare.