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L'art. 1117 del Codice Civile stabilisce quali sono le parti comuni di un condominio. L'articolo riporta in modo preciso un elenco di parti condominiali, le quali sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio. All'atto costitutivo del condominio, cioè alla prima vendita, è possibile stabilire l'uso esclusivo di una parte comune in favore di un condòmino. Accade che il diritto di uso esclusivo e perpetuo venga ceduto su determinate parti comuni quali il giardino. Ed è addirittura quasi una consuetudine ormai inserire (come clausola contrattuale) tale richiesta nel caso di compravendita alla stipula dell'atto notarile.

Ci si chiede però se tale “consuetudine” sia realmente corretta e se l'uso esclusivo e perpetuo di parti comuni sia cedibile a terzi. Facciamo un esempio pratico per capire meglio a cosa ci si sta riferendo: poniamo il caso in cui un condòmino, proprietario di un'unità al piano terra e che goda dell'uso esclusivo della porzione di giardino prospiciente l'appartamento, voglia vendere il suo bene: può cedere anche il suo diritto all'uso esclusivo del giardino? Gli altri condomini, che sono comproprietari della parte comune, possono opporsi?

Sul fatto la giurisprudenza non ha adottato una risposta univoca, ma vi sono altresì pareri discordanti al riguardo.

Partiamo dal Codice Civile, ed in particolare dall'art. 1102 che disciplina l'uso della cosa comune. Vediamo in dettaglio il testo dell'articolo:

 

“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso (1164)”.

 

Secondo la sentenza n. 4826/2008, sezione IV, del Tribunale di Milano, l'uso esclusivo e perpetuo viene considerato come un diritto reale e in modo particolare rientra nel diritto di godimento delle parti comuni, perché visto come una “pertinenza”. Infatti ai sensi dell'art. 818 del Codice Civile, gli atti e i rapporti giuridici, se non diversamente disposto, hanno per oggetto la cosa principale comprensiva delle pertinenze. Perciò la cessazione a terzi delle pertinenze non può essere, in base alla sentenza di cui sopra e all'art. 818 c.c., oggetto di contenzioso, in quanto i terzi all'atto della compravendita acquistano i diritti sulla cosa principale. Se la pertinenza invece fosse oggetto di atto giuridico separato, allora la cessazione del diritto d'uso esclusivo e perpetuo su di essa non sarebbe opponibile a terzi. Difatti in questo caso i terzi hanno anteriormente acquistato il diritto sulla cosa principale. Va ricordato per l'esattezza che l'uso esclusivo di una parte comune non equivale a proprietà. Nell'esempio riportato l'acquirente acquista la proprietà immobiliare, e acquisisce il diritto di uso esclusivo e perpetuo sulla pertinenza, ossia sulla parte di giardino condominiale antistante l'immobile stesso (nonostante vi sia comproprietà con gli altri condomini).

Di tutt'altro avviso è invece la sentenza n. 2873/2007 della Corte d'Appello di Milano, dalla quale si evince che la cessazione ad uno solo dei condomini dell'edificio di una parte comune è inammissibile, perché in contrasto con quanto riportato nel testo dell'articolo 1102 del Codice Civile (sopra citato). Nel codice civile vi è un articolo, il 1126, che parla di lastrici solari ad uso esclusivo. L'articolo disciplina la ripartizione delle spese nel caso in cui solo alcuni condomini possano utilizzare la parte comune, per la particolare posizione assunta dalle unità immobiliari rispetto al lastrico solare. Perciò il Codice Civile prevede l'uso esclusivo “solo ad alcuni condomini”. La Cassazione si è basata proprio su questo articolo per emanare una sentenza (Cassazione Civile, sez. II, 27.04.2012, n. 6582) che afferma che l'art. 1126 non fa riferimento al diritto reale d'uso, bensì all'uso esclusivo, che è ben diverso dal diritto reale.

Perciò abbiamo delle sentenze contrastanti, con due posizioni opposte: la prima posizione è quella di assumere l'uso esclusivo e perpetuo come un diritto reale, mentre la seconda posizione è proprio quella di non accogliere tale diritto come un diritto reale. Inutile dunque dire che l'argomento è alquanto complesso,e che la risposta alla domanda iniziale dipende dall'interpretazione giurisprudenziale.

immagine "uso esclusivo"  concessa da  Naypong // FreeDigitalPhotos.net